IL FILO DI ARIANNA di TRIPLAG..il filo per non perdersi nella realtà


*Scuola: barricate contro la Germini
domenica, ottobre 26, 2008, 7:19 PM
Filed under: cronaca, politica

da repubblica.it

 

I quattro giorni di fuoco della scuola
Legge al voto e blocco totale

Il Senato vota alla vigilia della mobilitazione. I Cobas: lo bloccheremo con i sit-in

ROMA – Una domenica senza notizie clamorose, ma con molte scuole che restano occupate, molte aule universitarie teatro di assemblee e gruppi di studio fino al ‘grande ricevimento’ offerto dagli studenti delle facoltà scientifiche della Sapienza di Roma per le loro famiglie, per spiegare i motivi della protesta. E anche mille piccole iniziative spuntate ovunque, secondo l’indicazione generale di questo movimento, di comunicare e fare notizia nei modi più imprevedibili fino ai lenzuoli con l’ormai famoso “Non pagheremo la vostra crisi” spuntati qua e là dai balconi di molti case della capitale.

La mobilitazione insomma “percorre il paese come una grande ‘ola’ e passerà per Roma nella più grande manifestazione per la scuola che la nostra memoria ricordi”. La sintesi di quel che accadrà nei prossimi giorni è nelle parole del leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. Una sola voce fra le mille che animano la protesta. E che si sono date appuntamento a Roma il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale, per una grande manifestazione. Giovedì incroceranno le braccia gli aderenti alla Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti. E il mondo universitario e della ricerca, in aggiunta, ha già attivato le procedure per una giornata di sciopero il 14 novembre. Un raro sciopero di quasi tutte le organizzazioni sindacali, ancora più irritate dalla decisione di provare a dare il via libera alla legge proprio il giorno prima, senza risposte alle ripetute richieste di confronto (in particolare il segretario della Cisl Bonanni ha ripetuto più volte di essere pronto a fermare l’astensione dal lavoro in presenza di una convocazione al Ministero)


La protesta contro il decreto Gelmini continua a espandersi con forme, modalità e colori diversi. Il fallimento del dialogo con gli studenti, aperto dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ma al grido di “il decreto resta” (e si vota al Senato il 29) non ha fatto che aplificare il dissenso. Inizia così una nuova settimana di mobilitazioni “per bloccare la distruzione della scuola e dell’università messa in atto dal governo”.

La Rete degli Studenti Medi informa che nei primi tre giorni della settimana, in tutta Italia, ci saranno scioperi e notti bianche, che si concentreranno ancora una volta nei giorni di approvazione del decreto 137 al Senato. “Dopo lo slittamento ottenuto il 23 ottobre, cercheremo ancora una volta di bloccare i lavori parlamentari. La Gelmini ci ha detto che lei vuole andare avanti, che non si fermerà. Noi le rispondiamo che ‘Avanziamo Diritti’, non ci fermiamo e continueremo a chiedere una scuola e un’università nuovi, in grado di darci un futuro”.
Lunedì, martedì e mercoledì, dunque, scioperi, autogestioni con pernotto, notti bianche e lezioni all’aperto a Torino, Perugia, Roma, Firenze e Palermo. Per giovedì 30, invece, oltre alla partecipazione alla manifestazione di Roma, la Rete degli Studenti Medi annuncia cortei a Torino, Padova, Palermo e Genova.

E dalle università continuano a giungere appuntamenti che appaiono propedeutici al blocco della didattica in molte altre facoltà (spesso con l’appoggio dei docenti) se non di possibili occupazioni. Un asettimana di fuoco, dunque. E la parola può passare solo alla cronaca, dal momento che le giornate appena concluse hanno mostrato che l’Onda spunta dove meno te l’aspetti, ma anche che si scontrerà con il primo grande scoglio: la probabile approvazione della legge Gelmini giovedì 29.



*Taranto: chiedono il pizzo per far girare un film. La Wertmuller abbandona la città.
martedì, ottobre 14, 2008, 8:18 am
Filed under: cronaca

da repubblica.it

 

Niente ciak senza pizzo
Wertmuller via da Taranto

di MARIO DILIBERTO

ARANTO – La mala di Taranto voleva imporre il pizzo a Lina Wertmuller. Per continuare a filmare i vicoli della città vecchia bisognava sborsare 50.000 euro in contanti. Ma lei, piuttosto che pagare, ha preferito abbandonare la città pugliese.

La regista aveva scelto le strette viuzze del borgo antico di Taranto per i ciak del suo film “Mannaggia alla Miseria”. Doveva restare in città un’altra settimana, ma di fronte al ricatto della mala ha deciso di cambiare programma. Girerà nella vicina Brindisi le ultime riprese pugliesi del suo film. E così sabato pomeriggio, scortata dalla polizia, la troupe ha abbandonato Taranto in fretta e furia.

Soltanto poche ore prima gli emissari dei signori del pizzo si erano presentati sul set. Mentre la Wertmuller si apprestava a conquistare i vicoli spagnoleggianti del borgo antico, hanno ufficializzato il diktat: pagare per lavorare.

La notizia ha fatto ben presto capolino tra cineprese e microfoni, turbando la Wertmuller ed i suoi collaboratori. La regista è innamorata di Taranto sin da quando, in quelle viuzze, girò “Io speriamo che me la cavo”. Ma questa volta la città pugliese le ha riservato un’amara sorpresa. Tra un ciak e l’altro il direttore di produzione è stato minacciato. Per far filare tutto liscio occorreva scucire quei 50.000 euro. Poco dopo la richiesta è stata abbassata a 20.000 euro. Regista e troupe non hanno voluto cedere. Niente compromessi con la mala, meglio abbandonare. E così è stato.

Il responsabile di produzione ha contattato la polizia e l’assessorato regionale agli spettacoli e al turismo. La giornata di sabato è trascorsa tra febbrili colloqui istituzionali. Il prefetto e il questore di Taranto hanno tentato di convincere la produzione a non gettare la spugna. È stata offerta protezione, ma ormai la serenità del gruppo di lavoro di Lina Wertmuller era compromessa. Quindi meglio fare i bagagli.

Le attrezzature sono state smontate a tempo di record e caricate sui camion sotto gli occhi vigili della polizia. Poi il lungo serpentone di tir e furgoni, preceduto dalle staffette delle forze dell’ordine, si è allontanato da Taranto in direzione Brindisi. Prontamente sono scattate le indagini per dare un volto ai responsabili di quanto accaduto. La squadra mobile tarantina ha già imboccato una pista ritenuta affidabile e potrebbe chiudere il cerchio in poco tempo.

Ieri, non appena si è diffusa la notizia del tentativo di estorsione, il governatore della Puglia Nichi Vendola ha telefonato alla regista per scusarsi a nome dei pugliesi. L’agenzia regionale Apulia Film commission, inoltre, si è attivata per garantire il proseguimento in Puglia del lavoro della regista.


*E il vento soffia ancora! Si alzano le voci della piazza

da repubblica.it

 

Contro la legge che garantisce l’immunità alle 4 più alte cariche dello stato
l’Idv e Sinistra raccolgono in un giorno 250 mila firme a Roma e in altre 655 città

Firme e cortei contro Lodo e governo
Di Pietro: “No alla dittatura del Bagaglino”

Il corteo di Prc, Verdi, Sd e Pdci: “Siamo 300 mila”. Ferrero (Prc): “Oggi è la fine della ritirata”
Il Guardasigilli pronto a difendere “anche in piazza” la legge che porta il suo nome
di CLAUDIA FUSANI

ROMA – Bisognerebbe guardarla dall’alto, oggi, Roma, con microfoni lunghi che arrivano giù, fino in fondo, in terra, tra i sanpietrini di piazza della Repubblica intorno alle 14 quando si riunisce il popolo della sinistra che riparte in marcia, insieme ma non unito. O in piazza Navona dove dalle 11 del mattino sotto sette gazebo con le bandiere dell’Italia dei valori i volontari raccolgono le firme contro il lodo Alfano.

Bisognerebbe guardarla dall’alto, sempre con microfoni lunghi e potenti, per ascoltare tutte le voci e capire il significato di un giornata come questa, 11 ottobre, tra le forze di opposizione di questo paese. Parlamentari ed extraparlamentari.

La fotografia dall’alto dice una cosa molto chiara: l’opposizione c’è, anche senza Pd; c’è la sinistra radicale, ed è numerosa e piena di voci anche se afona in Parlamento – e questo è qualcosa che fa anche venire un po’ di brividi – non sa ancora bene, però, dove andare e come aggregarsi. Trecentomila da tutta Italia (ventimila dirà la questura) si sono mossi in corteo con le bandiere rosse e i cori di “Bella Ciao” da piazza della Repubblica fino alla Bocca della Verità, una piazza troppo piccola per contenerli tutti. Oltre 30 mila persone hanno firmato per il referendum abrogativo del lodo Alfano in piazza Navona e 250 mila in tutta Italia in 665 piazze. Tanti, tantissimi, con una piattaforma condivisa: sì alla legalità; no alla “dittatura dolce, da Bagaglino” con cui in pochi mesi “Berlusconi e questa maggioranza stanno occupando il Parlamento e il luoghi della democrazia” (Di Pietro). Uniti, quindi, dall’antiberlusconismo. Ma divisi su quasi tutto il resto: dove andare. E soprattutto con chi.

La sinistra antagonista. Con un tam tam quasi clandestino, oscurati dalle notizie della settimana sulla crisi finanziaria, della manifestazione organizzata oggi si sapeva poco o nulla. E pochi, alla vigilia, avrebbero scommesso sulla sua riuscita. E invece il popolo della sinistra ha risposto, numeroso, compatto, anche se preoccupato, teso. E’ stato un corteo per certi versi triste. “L’opposizione è nelle nostre mani, un’altra politica per un’altra Italia” recita lo slogan della manifestazione. Ma sembrano lontani i tempi delle gioiose fantasie di funamboli, artisti di strada e carri musicali che per anni hanno caratterizzato la sinistra in piazza. Oggi prevale la preoccupazione, la paura della povertà, la certezza di arrivare a mala pena a fine mese. La rabbia contro la riforma della scuola. Margherita ha 2 anni, il ciuccio in bocca, il babbo la porta in giro rigorosamente sul passeggino dove sono attaccati un sacco di cartelli che parlano per lei: “Mi spiace tanto per i grandi, non hanno più la sinistra”; “Ho due anni, io posso essere egoista”; “Che schifo di scuola mi fate fare”. Una ragazza ha realizzato un curioso collage con le facce di Berlusconi, Calderoli, Bossi, Gelmini e la scritta: “Proteggiamo gli scolari dai razzisti e dai somari”. Uno striscione in arrivo dalla Toscana recita: “Sì al dialogo? Ma vaffanc…”. Molte magliette, firmate Pdci, dicono: “Contro Berlusconi, legitittma difesa”.

Fin qui il popolo in marcia, unito dalle bandiere rosse, dai pugni alzati e dai cori “Bella Ciao”. Molto meno uniti sono i leader politici di questo popolo. L’Arcobaleno non c’è più, bocciato dalle urne del 13 aprile. Loro, i leader di Pdci, Rifondazione, Verdi, ci sono sempre ma non è ancora chiaro cosa faranno. Restano distanti nei luoghi: Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione apre il corteo. Nichi Vendola, sconfitto per due voti dal congresso, è parecchie centinaia di metri più indietro con Franco Giordano, Gennaro Migliore, Elettra Deiana. “Da oggi la sinistra rimette la testa fuori, oggi segna la fine della ritirata, è il punto di svolta” dice Ferrero che in realtà ha un sacco di guai all’interno del partito e della stessa maggioranza che lo sostiene. A chi parla Ferrero? Diliberto, che alla fine non salirà apposta neppure sul palco perché L’Arcobaleno non esiste più, la mette così: “Dieci anni fa, era l’11 ottobre 1998, abbiamo fatto la scissione con Rifondazione. Oggi, dieci anni dopo, siamo pronti a unirci di nuovo”. La grande casa comunista sotto la falce e il martello, ci mette dentro anche Ferrando (Pcli) e Sinistra critica. La disegna da luglio, Diliberto. Ferrero, però, non ha ancora preso la penna in mano.

Nichi Vendola tiene oggi a battesimo, “nella culla di questa manifestazione, l’associazione politica culturale “Per la sinistra”. Livia Turco e Vincenzo Vita, a sinistra nel Pd, lo salutano dal marcipiede di via Cavour, immagine che può dire tante cose: in fondo è al Pd che quella parte di Rifondazione deve guardare. Insieme a Claudio Fava e alla Sinistra democratica: c’entrano più poco o nulla loro con i comunisti. “Una parola indicibile” ha detto una settimana fa Bertinotti. Lo ha ripetuto oggi, marciando a braccetto di Sandro Curzi. “Ci siamo” dice l’ex presidente della Camera che indica quasi al corteo la sua nuova missione: “In questo deserto dei tempi l’importante è tornare protagonisti”.

Di Pietro: “Resistere, resistere, resistere”. Due manifestazioni distinte ma unite. La sinistra antagonista raccoglie oltre tremila firme contro il lodo Alfano. Le persone vagano da una piazza all’altra, da una manifestazione all’altra, le sentono loro, entrambe. Il ministro Alfano, dalla Sicilia, promette, che “andrà anche lui in piazza a difendere una legge giusta”. Di Pietro, che in piazza Navona è il padrone di casa oltre che il protagonista, organizza un happening molto più soft rispetto a quella dell’8 luglio che portò al culmine la distanza con il Pd. Oggi è diverso: “Salutiamo tutte le piazze che oggi si sono riempite contro il lodo Alfano”. E al Pd l’ex pm tende entrambi le mani: “Il 25 ottobre saremo in piazza con il Pd, le manifestazioni si fanno contro il governo che non deve raccontarci balle. Noi stiamo con chi si oppone a questo esecutivo che costringe i cittadini a essere sudditi”. Dalla piazza salgono applusi, applausi e applausi. E lui, citando Borrelli, il suo procuratore ai tempi di Mani Pulite, insiste: “Noi dobbiamo tutti insieme resistere, resistere, resistere. Almeno provarci a non farci fregare. A fare fronte comune contro la dittatura del Bagaglino”. Qua e là nella piazza c’è molto Pd. Con Gawronski, membro dell’assemblea costituente, Di Pietro va a firmare per il referendum. “Questa volta non mi faccio fregare da Berlusconi che è un furbacchione, questa volta non riuscirà a dividere l’opposizione”. Che tornando a guardarla, sempre dall’alto, alla fine di questa giornata, sembra vastissima. Pur mancando il grosso del Pd.



*Pacco, doppiopacco e contropaccotto: Berlusconi si inventa il Salva Manager

da repubblica.it

 

Sorpresa nel decreto Alitalia: reati non perseguibili se non c’è il fallimento
Ad accorgersene per prima Milena Gabanelli, l’autrice della trasmissione Report

Il governo salva Geronzi
Tanzi e Cragnotti

di LIANA MILELLA

 
ROMA – Un’altra? Sì, un’altra. E per chi stavolta? Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltà del governo Berlusconi, ne produce un’altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell’opposizione s’intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come già si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d’una “bomba atomica” destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri.

Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L’emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale è necessario che l’impresa si trovi in stato di fallimento.

Se invece è guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrà mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d’insolvenza era equiparato all’amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com’è uscita dal Senato, non sarà più così. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l’impresa non sarà definitivamente fallita.

Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l’ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedì prossimo dalla Camera senza che l’opposizione batta un colpo.

Ma ecco che una giornalista se ne accorge. È Milena Gabanelli, l’autrice di Report, la trasmissione d’inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se è riuscito a garantirsi “una manleva”, un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: “No, io non ho nessuna manleva”.

Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio è senza scampo. Eccolo: “Se la norma verrà approvata non saranno più perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di società per cui c’è stata la dichiarazione d’insolvenza non seguita dal fallimento”.

Cascini cita i casi: “Per i crac Cirio e Parmalat c’è stata la dichiarazione d’insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato è l’abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi”. Non basta. “Subito dovrà essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche”.

Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: “Ma la norma vale anche per lui?”. Lapidaria la risposta: “Ovviamente sì”. Le toghe s’allarmano, i timori serpeggiano nelle mailing-list. Come in quella dei civilisti, Civil-net, dove Pasquale Liccardo scrive: “Ho letto la nuova Marzano. Aspetto notizie sulla nuova condizione di punibilità che inciderà non solo sui processi futuri ma anche su quelli in corso”. Nessun dubbio sulla portata generale della norma. Per certo non riguarderà la sola Alitalia, ma tutte le imprese.

Vediamolo questo 7bis, così titolato: “Applicabilità delle disposizioni penali della legge fallimentare”. Stabilisce: “Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alla dichiarazione di fallimento solo nell’ipotesi in cui intervenga una conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell’ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell’ammissione alla procedura”.

La scrittura è cattiva, ma l’obiettivo chiaro: finora i manager delle grandi imprese finivano sotto processo per bancarotta a partire dalla sola dichiarazione d’insolvenza. Invece, se il 7bis passa, l’azione penale resterà sospesa fino a un futuro, e del tutto incerto, fallimento definitivo. Commentano le toghe: “Una moratoria sine die, un nuovo colpo di spugna, una mano di biacca sulle responsabilità dei grandi manager le cui imprese sono state salvate solo grazie alla mano pubblica”. Con un assurdo plateale, come per Parmalat. S’interromperà solo perché il commissario Bondi evita il fallimento.

Ma che la salva Geronzi sia costituzionale è tutto da vedere. Gli esperti già vedono violati il principio d’uguaglianza e quello di ragionevolezza. Il primo perché la norma determina un’evidente disparità di trattamento tra i poveri Cristi che non accedono alla Marzano, falliscono, e finiscono sotto processo, e i grandi amministratori. Il secondo perché l’esercizio dell’azione penale dipende solo dalla capacità del commissario di gestire l’azienda in crisi. Se la salva, salva pure l’ex amministratore; se fallisce, parte il processo. Vedremo se Berlusconi andrà avanti sfidando ancora la Consulta.



*Allarme per le forze armate: addestramento sotto il livello di guardia
mercoledì, ottobre 8, 2008, 8:48 am
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da repubblica.it

 

L’allarme della Difesa: siamo sotto il livello di guardia
La relazione sarà presentata nei prossimi giorni alla Camera

Soldati in città, armi spuntate
“Addestramento insufficiente”

di ALBERTO CUSTODERO

ROMA – “I militari italiani sono addestrati sotto il livello di guardia”. A lanciare questo allarme sul grave stato in cui si trova la professionalità dei militari dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e dell’Arma dei carabinieri non sono le rappresentanze sindacali delle Forze Armate, i Cocer. Ma lo stesso governo Berlusconi che da agosto ha schierato 3 mila soldati con compiti di polizia nelle città italiane e 500 parà nel Casertano contro la camorra.

La denuncia è contenuta nella relazione annuale del 2008 del ministero della Difesa che sarà presentata nei prossimi giorni alla Camera. Sotto la voce “formazione del personale”, si legge che “le limitate risorse finanziarie a disposizione negli ultimi esercizi per la formazione e l’addestramento hanno imposto di concentrare gli sforzi verso il personale e i reparti destinati al turn over nelle missioni internazionali, con minore attenzione alle altre attività operative”. “Ne è derivata di conseguenza – prosegue la relazione – una drastica riduzione delle attività rivolte all’addestramento del restante personale. Il livello addestrativo complessivo è sceso ampiamente sotto il livello di guardia con significativa perdita di professionalità, in particolare con riferimento al personale più giovane e più bisognoso di formazione e addestramento”.

Nella precedente relazione dell’ex ministro Arturo Parisi si parlava di “risorse economiche insufficienti, in grado appena di garantire, ma unicamente su livelli minimali, un’attività addestrativa e formativa ridotta”. Dai “livelli minimali” di Parisi si è scesi ora, con La Russa, “ampiamente sotto il livello di guardia”. Pur essendone il governo Berlusconi consapevole al punto che sempre nella stessa relazione quantifica in oltre un milione di euro “il gap formativo accumulato per attività non svolte negli ultimi esercizi”, in agosto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non ha esitato ad imporre proprio alla Difesa per i prossimi tre anni il drastico taglio di 2 miliardi e 612 milioni. E sempre a proposito di tagli, per finanziare i parà anti- Casalesi sono stati ridotti da 6 a 5 i mesi di presenza nelle città dei 3 mila soldati.
Ma se il livello di professionalità dei 190 mila militari italiani (senza contare i carabinieri), è sceso sotto il livello di guardia, “a chi spetta, se non alla linea di comando – si chiede il generale Domenico Rossi, presidente del Cocer interforze – la responsabilità di giudicare se abbiamo raggiunto livelli minimali di addestramento oltre i quali il personale non è in grado di svolgere il proprio lavoro in sicurezza?”. Una prima risposta al generale Rossi la dà lo stesso ministro della Difesa. “La relazione annuale 2008 – spiega Ignazio La Russa – va presa cum granu salis. I militari che ruotano nelle missioni estere sono circa 50 mila, più quelli di riserva. Questo ci fa dire che per la restante e minore parte, l’addestramento è “sotto il livello di guardia”, ma sopra quello di efficienza. È come quando in auto si va in riserva: è segno che la benzina sta per mancare, ma ce n’è ancora un po’. Ecco, s’è accesa la spia che segnala che la professionalità del nostro esercito sta per andare in rosso. Ma è ancora efficiente”.



*Berlusconi alla sbarra: resterà un sogno o diventerà realtà?

da Repubblica.it

 

Lodo Alfano, anche il processo Mills
va alla Corte Costituzionale

Ma il procedimento contro l’avvocato inglese accusato di aver preso
600 mila dollari da Berlusconi per una testimonianza favorevole, va avanti

 

MILANO – Anche gli atti del processo Mills vanno alla Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla costituzionalità del Lodo Alfano, il provvedimento che stabilisce l’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Il procedimento per corruzione in atti giudiziari vede infatti tra gli imputati il premier Silvio Berlusconi accusato di aver pagato una cifra di 600 mila dollari per compensare il legale inglese di una testimonianza “favorevole” nel processo Mediaset per la compravendita dei diritti televisivi. Processo a sua volta già sospeso per lo stesso motivo.

La richiesta del pm De Pasquale era partita una settimana fa. La corte ha deciso che c’è sufficiente materia per chiamare in causa la Consulta e chiederle di esprimersi sulla costituzionalità o meno del Lodo. Il processo per Mills, però, deve proseguire. Questo è quanto ha deciso la corte del Tribunale milanese, con grande delusione degli avvocati del premier che, tra i due mali avrebbero preferito un rinvio dell’intero procedimento in modo da rimandare nel tempo l’eventuale decisione sfavorevole.

Così, invece, nelle more della sentenza della Corte Costituzionale (qualche mese), Mills potrebbe essere giudicato colpevole e, una sua condanna, data la situazione processuale, avrebbe automaticamente il significato della colpevolezza di Berlusconi. Questo senza contare che un giudizio negativo sul Lodo complicherebbe ancora di più le vicende giudiziarie del premier che il provvedimento del Guardasigilli sembrava aver mandato definitivamente in soffitta.

“E’ andata esattamente come previsto, Milano non applica le norme approvate dal Parlamento che consente al presidente del Consiglio di curare gli interessi del Paese. Loro lo vogliono al processo e non interessano loro né i rifiuti di Napoli né Alitalia”, ha commentato Nicolò Ghedini, difensore di Berlusconi e parlamentare del Pdl. Secondo l’avvocato, la decisione dei giudici crea un “problema processuale straordinario e irrisolvibile”.

Nella prossima udienza, prevista il 10 ottobre, dovrà essere sentita infatti una consulente della difesa Berlusconi. “Mi chiedo – sentenzia il legale – come potranno sentire un nostro consulente senza di noi”.
“Mills sarà assolto, perché è estraneo ai fatti come lo è Berlusconi – è infine la previsione di Ghedini – Questi giudici diventeranno incompatibili, e Berlusconi processato da un altro collegio sarà sicuramente assolto, perché è innocente”.



*La vera natura dei bulli
venerdì, ottobre 3, 2008, 8:20 am
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da repubblica.it

 

“Che disastro, mio padre m’ammazza”
piange in caserma la banda dei teppisti

di MASSIMO LUGLI

 

ROMA – “Certo che è lui. L’ho visto benissimo”. Michele F., 16 anni, si contorce come se lo avessero colpito allo stomaco, congiunge le mani in un gesto di supplica: “Ma quando? Quando m’hai visto? Dimmelo, non mi rovinare”. Adesso piange senza vergogna, tutta la spavalderia che ha mantenuto per oltre un’ora si è dissolta in un attimo, il teppista arrogante è tornato un ragazzino impaurito mentre i vigili dell’VIII gruppo di Roma lo accompagnano all’ufficio foto segnaletiche.

Comando della polizia municipale, terzo piano. Vecchi mobili, vecchi computer, finestre ingiallite. Dalla finestra si vede l’autoparco dove, da dieci giorni a questa parte, una banda di teppisti ha fatto il tiro a segno con sassi e bottiglie sulle macchine e perfino su un’ambulanza. Sulle scale, qualche giorno fa, un ambulante ha minacciato per ore il suicidio dopo il sequestro della merce e solo l’intervento del fratello (un comico romano abbastanza noto) l’ha convinto a scendere dalla ringhiera.

Urla, proteste, svenimenti sono all’ordine del giorno. La municipale da queste parti è più polizia e perquisizioni che multe e verbali, quasi tutti i vigili sono armati, hanno facce indurite e tono bonario da veterani di strada, abituati a risse, fughe e inseguimenti. Il comandante, Antonio Di Maggio, responsabile del gruppo sicurezza urbana del comune, entra ed esce di continuo, urlando a cinque telefoni contemporaneamente. Dalla stanza attigua, con la porta socchiusa, il cronista osserva e sente tutto. Avanti il primo.

Michele è alto, magro, ha un bel viso pulito, una felpa immacolata con la scritta blu “Gas”, jeans strappati ad arte, cappellino bianco, grosse scarpe sportive. La nocca della mano destra sanguina per l’impatto sui denti di Tong Hongshen, 36 anni, dallo Zhejang, ultima vittima innocente di un bullismo misto a razzismo, teppismo puro.

“Come te la sei fatta quella ferita”. “Stavo a lavorà in cantina, giuro, io sono uno pulito, vado a scuola, non ho fatto niente, se lo dite a mio padre quello m’ammazza….”. E’ una cantilena incessante e lagnosa, una sorta di soliloquio. I vigili lo lasciano parlare, non lo interrogano in attesa del magistrato e dei parenti. “Ma perché dici tutte stè bugie? Lo sai che stavolta ti sei cacciato in un sacco di guai?” si lascia scappare uno che più che suo padre potrebbe essere suo nonno.

“Ma io non ho fatto niente, giuro, giuro, sono uscito da scuola e sono andato per negozi con gli amici”. Quali amici? Alzata di spalle, sconsolata “Beh… Boh”. Ti ha visto qualcuno nei negozi? Nuovo gesto di sconforto. “Che ne so, boh…”. Poi ricomincia, ormai sull’orlo delle lacrime: “Non chiamate mio padre o mia madre, quelli non ci credono che io non c’entro, succede un casino, per favore…”.

Entra Fernando Vendetti, giacca blu, camicia bianca, cravatta, sigaretta sempre accesa, l’uomo che ha visto tutto. E’ consigliere circoscrizionale Pdl ma qui è soltanto un testimone attendibile, sicuro, di quelli che ti inchiodano senza pietà. E non esita un secondo. “Certo che è lui, ne sono sicuro al cento per cento”. Per Michele è la mazzata finale, gli ultimi brandelli di dignità si sgretolano in un lampo, prega, supplica, piange.

“Ma quando, quando mi hai visto? Non mi rovinare”. Vendetti esce, lui resta solo in attesa delle foto segnaletiche e si abbandona alla disperazione. “Mannaggia, mannaggia, ma perché mi succede questo? Non mi faccio le canne, vado a scuola, i miei lavorano, regolare, perché ce l’avete con me?”. “Guarda che se dici la verità e magari chiedi scusa a quel signore che hai picchiato forse te la cavi senza troppi problemi” azzarda un giovane vigile con la piastrina a tracolla come in un film americano. “Ma che, non c’entro, non ho fatto niente”. Via, in questura e tocca agli altri.

Un cicciottello in tuta, quindici anni che sembrano due di meno, tesisissimo ma, a quanto sembra, fiducioso. Si presenta con cognome e nome, come a scuola. Vendetti lo guarda a lungo: “No, questo non me lo ricordo… E comunque gli altri si sono limitati a guardare, l’unico che ha menato è stato quello di prima”. Il cicciottello sospira sollevato. Un quindicenne con una grossa felpa bianca piena di metallo, scritte e lustrini, i capelli tenuti su col gel in una specie di pera, orecchino, occhi duri da adulto, mascella serrata.

“Si, c’era anche lui, ne sono sicuro”. Il ragazzino lo guarda duro, le mani a pigna davanti alla faccia. “Ma de che? Ma che stai a di’?” prorompe aggressivo. Un vigile coi capelli bianchi alza la voce: “Aho, bambino, educazione: qui dentro il coatto non lo puoi fare, capito?”. Fuori anche lui. Un adolescente coi capelli a zero e il piercing sul labbro inferiore con una faccetta paffuta che fa simpatia.

“Non mi ricordo neanche lui” ammette Vendetti, il testimone che poi non riesce a trattenersi. “Dì un po’: ma quell’affare non ti dà fastidio ai denti?” “Ma no, dopo un po’ ci si abitua però dicono che alla lunga li rovina, boh….”.

Eccone un altro, tuta e piercing dappertutto, aria tosta, guarda il testimone come se volesse spaventarlo, bisogna cavargli nome, indirizzo, telefono e nomi dei genitori con le pinze. In corridoio, un ragazzo smilzo con la scritta “Messico” sulla maglia della tuta sta facendo uno show da duro. “E se non mi va di scrivere?” risponde a un vigile che gli porge foglio e penna per i dati anagrafici “Scrivi tu, che c… voi?”.
Quattro o cinque vigilesse, bonarie come zie, tentano di fargli cambiare atteggiamento con le buone ma quello insiste, rifiuta di sedersi, sbraita. Un carabiniere che entra ed esce dagli uffici perde la pazienza e caccia due strilli: “Senti un po’, non me ne frega niente se sei scemo o cosa… Rispondi a tono e guai se ti vedo ridere ancora”. Zitto all’istante, un mezzo ghigno timoroso tanto per salvare la faccia. Arrivano i genitori, è il momento delle lacrime e degli sganassoni. Uno torna bambino all’istante. “A ma’, mi dispiace…”



*Come si distrugge un paese partendo dal basso
venerdì, settembre 26, 2008, 9:10 am
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da repubblica.it

 

“Un’insufficienza e si sarà bocciati”
è allarme per elementari e medie

di MARIO REGGIO

Alunni delle elementari

ROMA – Da quest’anno alle medie inferiori ed alle elementari fioccheranno le bocciature. Basta che l’allievo prenda cinque in una materia per ripetere l’anno. A forza di parlare di cinque in condotta, maestro unico, grembiuli ed educazione civica, ai più è sfuggito un piccolo particolare: con il ritorno al voto in decimi alle medie ed alle elementari (in quest’ultimo caso il voto da uno a dieci è accompagnato da un “giudizio analitico sul livello generale di maturazione dell’alunno”), il rischio bocciatura è reale.

Lo dice a chiare lettere l’articolo 3 del decreto legge 137, approvato dal Consiglio dei ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo settembre scorso. Nessuna possibilità di recuperare come alle scuole superiori con quelli che vengono impropriamente chiamati esami di riparazione. Ed a differenza della bocciatura per il 5 in condotta, decisione presa dal collegio docenti, con l’insufficienza in una materie alle medie o in una delle tre aree di conoscenza delle elementari, letteraria, matematico-scientifica e storico geografica, sarà il maestro unico o un docente di matematica o italiano alle medie a decidere se far passare l’anno allo studente o bocciarlo.

“Abbiamo presentato una serie di emendamenti per modificare il decreto su questi punti che riteniamo scandalosi – afferma Maria Coscia, parlamentare Pd in Commissione Cultura alla Camera – ma sono stati sistematicamente bocciati. Solo i deputati della Lega hanno espresso interesse alle nostre proposte, ma alla fine tutto è rimasto come prima”. Il decreto dovrà prima passare nelle Commissioni Cultura di camera e Senato e quindi approdare in aula per l’approvazione finale, il tutto entro e non oltre la fine di ottobre.


Nel frattempo il governo ha scoperto le carte sui tagli alla scuola. Ieri ha consegnato ufficialmente alle organizzazioni sindacali il piano programmatico, scritto a quattro mani dal ministero dell’Istruzione e dell’Economia. Un piano che conferma ciò che è stato anticipato da Repubblica il 14 settembre scorso.
Conferma del maestro unico alle elementari, ma anche alla scuola materna, riduzione degli orari di lezione alle medie inferiori ed alle superiori. Non viene mai nominato il “tempo pieno”, malgrado le rassicurazioni giornaliere del ministro Mariastella Gelmini, che giura: “verrà mantenuto, anzi incrementato dal 50 per cento”.

La rete scolastica sarà razionalizzata, con la chiusura e l’accorpamento degli istituti scolastici con un numero di studenti non adeguato, escluse le realtà come le zone di montagna e le piccole isole. Aumento del numero di studenti per classe e razionalizzazione dei piani di studio. Alla fine tagli per 87 mila insegnanti e 44 mila 500 non docenti. Per fare cosa? Per risparmiare 7 miliardi e 800 milioni di euro, con la promessa di reinvestire due miliardi di euro per premiare il merito dei docenti. Ma solo a partire dal 2012. Ed in base a quali criteri? Per il momento solo cortine fumogene.

Il primo colpo di mannaia piomba sulla scuola materna. Si passa da due ad una maestra, l’obiettivo è l’apertura solo la mattina. Quindi tutti i bimbi a casa prima di pranzo. Oggi, Emilia Romagna a parte, mèta di visite di équipe straniere nelle scuole di Reggio Emilia, nel resto del Paese l’orario settimanale è di 35 ore con la sovrapposizione per due ore delle insegnanti. La storia si ripete alle elementari, dove il tempo pieno di 40 ore e due insegnanti, supera o si avvicina al 90 per cento in città come Milano, Torino, Venezia, Bologna e Roma. Mentre a Napoli e Palermo è sotto il 5 per cento. Alla fine sono i conti che non tornano: tagliare 150 mila posti di lavoro, bloccare il turn over, ma assicurare che il tempo pieno verrà incrementato sembra proprio un gioco di prestigio.



*Costruzioni con rifiuti tossici: la storia continua
giovedì, settembre 25, 2008, 6:27 PM
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da Repubblica.it

 

Crotone, scuole fatte con rifiuti tossici
sette persone indagate dalla procura

Migliaia di tonnellate di materiale con arsenico, zinco, piombo, indio, germanio e mercurio
proveniente dall’industria “Pertusola” invece di essere smaltiti in discarica erano usati in edilizia

 


CROTONE – Scuole, parcheggi, strade, case e opere pubbliche costruite con materiale di scarto industriale, rifiuti tossici e sostanze cancerogene. E’ quanto emerge dall’operazione della polizia denominata ‘Black Mountains’ che questa mattina ha portato al sequestro di ben 18 aree disseminate lungo tutto il territorio crotonese fino a Cutro e Isola Capo Rizzuto, aree ad alta densità mafiosa nell’entroterra. La procura della Repubblica di Crotone, coordinata dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, ha provveduto a sequestrare le strutture al centro dell’indagine. Sette persone sono state iscritte nel registro degli indagati.

Almeno 350 mila tonnellate di materiali tossici sono state utilizzate per costruire, tra l’altro, tre cortili di altrettante scuole: l’elementare San Francesco e un istituto tecnico superiore, entrambi di Crotone, e una scuola elementare a Cutro. Arsenico, zinco, piombo, indio, germanio, mercurio, sostanze tossiche speciali provenienti dagli scarti dell’industria “Pertusola” di Crotone che invece di essere smaltiti con le cautele di legge venivano impiegati in edilizia.

Il materiale avrebbe dovuto essere trattato in discariche specializzate ed invece sarebbe stato ceduto a imprese di costruzioni che lo hanno utilizzato in lavori edili riguardanti anche alloggi popolari, villette, una banchina portuale e strade.

Sette gli indagati, rappresentanti legali di ditte edili e funzionari dell’azienda sanitaria: Vincenzo Mano, legale rappresentante pro-tempore della Pertusola sud, che ha chiuso l’attività alla fine degli anni ’90; Giovanni Ciampà, rappresentante legale delle imprese Ciampà; Paolo Girelli, rappresentante legale dell’impresa Bonatti; Alfredo Mungari, rappresentante legale della Costruzioni Leto e i tre funzionari dell’asl regionale: Domenico Colosimo, Francesco Ruscio e Domenico Curcio. Per tutti l’accusa è associazione a delinquere.

Il sequestro delle 18 aree è stato notificato al presidente della Provincia, Sergio Iritale, che ha diffuso una nota durissima. “La notizia – si legge – conferma, se pure ce n’era bisogno, la gravità eccezionale della situazione ambientale su larga parte del territorio provinciale e, in particolare, la responsabilità che, nel determinarsi di questa situazione, hanno avuto le politiche di aggressione al territorio e di rapina delle risorse per lunghi anni attuate dall’Eni attraverso le società controllate e le attività condotte nella provincia di Crotone”.


“Questo – continua la nota – è il risultato della logica del profitto a tutti i costi, che ha trovato sul posto classi dirigenti cieche ed insensibili. Persino settori dell’informazione, sull’altare di meschini interessi economici, hanno chiuso gli occhi davanti a realtà inquietanti, che oggi si manifestano in tutta la loro esplosiva negatività. Incalcolabili danni sono stati causati alla salute dei cittadini, all’ambiente, al sistema produttivo”.



*ANTIBIOTICI KO, alla ricerca di nuove cure
venerdì, settembre 19, 2008, 12:52 PM
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da repubblica.it

 

Arriva il batterio invincibile
è la sconfitta degli antibiotici

di ELENA DUSI

 

 

GLI antibiotici hanno cambiato il mondo. “Ma ora rischiamo di tornare a un mondo senza antibiotici” mette in guardia oggi un editoriale del British Medical Journal. Non che i farmaci stiano sparendo dagli scaffali, anzi. In Italia ogni persona ne consuma più di due confezioni ogni anno. Ma la rapidità con cui i batteri riescono a sopravvivere ai nostri medicinali è molto superiore al ritmo con cui le aziende farmaceutiche mettono a punto nuove armi. Proprio al 1998 risale il primo appello dell’Organizzazione mondiale della sanità per un uso responsabile di questi farmaci.

Dieci anni più tardi, la corsa fra camici bianchi e bacilli vede i secondi marciare a velocità superiori. “I maggiori successi della medicina moderna rischiano di venire meno. Senza l’efficacia degli antibiotici, interventi chirurgici, trapianti di organi e chemioterapia contro i tumori sarebbero impensabili” sottolinea Otto Cars, il professore dell’università di Uppsala che da una vita si occupa di antibiotico-resistenza.

L’erosione è lenta, e per questo passa inosservata. Ma ogni volta che si usa un antibiotico, alcuni batteri sopravvivono al trattamento. Il ceppo resistente si moltiplica e si rafforza in base al principio della selezione naturale. La prossima volta che l’antibiotico verrà usato per cancellare un’infezione, avrà lo stesso effetto dell’acqua fredda. Davanti al fallimento di un farmaco, l’unica strada è cercarne uno alternativo.

“Ma l’uso e l’abuso degli antibiotici – spiega Cars – coincide con un rallentamento nello sviluppo di nuove medicine”. Tra il 1930 e il 1969, più di una dozzina di nuove classi di antibiotici sono entrate in produzione. Ma dal 1970 a oggi sono state individuate solo due nuove classi. E se si vanno a contare le singole etichette approvate dal sistema sanitario americano, dalle 16 del quinquennio 1983-87 si è passati alle 7 di quello 1998-2002.

Il principe dei batteri corazzati di fronte agli antibiotici, nel frattempo, viene segnalato sempre più frequentemente negli ospedali. Lo stafilococco aureo resistente alla meticillina (Mrsa) provoca vari tipi di infezioni, fra cui una grave forma di polmonite. Mentre nel 1989 i ceppi di stafilococco aureo sensibili agli antibiotici rappresentavano il 99 per cento fra tutti quelli isolati, nel 2002 ben un’infezione su due era causata invece da ceppi resistenti ai farmaci, e respingeva al mittente anche gli attacchi più veementi lanciati dai camici bianchi. I decessi negli ospedali britannici in cui Mrsa è menzionato nella cartella clinica sono passati dai 50 del 1993 a un impressionante 1600 del 2006.

I notiziari delle industrie farmaceutiche raccontano di esperimenti in corso per ricavare nuove classi di antibiotici dai bachi da seta, miele, e perfino sangue di coccodrillo. Ma nessuna di queste strade sta mantenendo le promesse. “Prendiamo le 15 aziende più grandi del mondo” prosegue Cars. “Solo l’1,6 per cento dei nuovi medicinali in via di sviluppo appartiene alla categoria degli antibiotici”. Con due miliardi di passeggeri che gli aerei trasportano ogni anno attraverso il globo e la distribuzione mondiale dei cibi, poi, i batteri super-resistenti non conoscono più frontiere. E sapere che il dato del 70 per cento delle infezioni neonatali diventate insensibili ai farmaci proviene dalla lontana Tanzania non basta a tranquillizzarci.

Quando tra il 1928 e il 1929 Alexander Fleming scoprì la penicillina e diede al mondo la possibilità di rendere innocue infezioni che prima erano fatali, regalò al mondo un vero e proprio “bene collettivo”. Con gli antibiotici, l’errore di un individuo viene pagato da tutti. “Ogni volta che ciascuno di noi ne consuma una dose, esaurisce inevitabilmente una frazione della sua efficacia” fa notare Cars. Basta una singola terapia sbagliata per far nascere un ceppo più resistente e farci perdere miglia nella corsa fra uomini e batteri.